Pubblichiamo intervista di Matteo Bernardelli a Riccardo Ricci Curbastro

“Siamo la potenza mondiale del vino e il futuro delle denominazioni è sempre più roseo”. Parola di Riccardo Ricci Curbastro, presidente di FederDoc, la Confederazione nazionale dei consorzi volontari per la tutela delle denominazioni dei vini italiani.

Ricci Curbastro è intervenuto nei giorni scorsi al convegno che il Comitato scientifico del Padiglione del Vino ha organizzato a Expo sul tema “L’origine del vino: ambiente, cultura, diritto”. Lo abbiamo intervistato.

Presidente Ricci Curbastro, qual è la forza della Doc?

“Rendere evidente il legame tra il prodotto e il territorio che lo esprime, evidenziandone la cultura e le tradizioni”.

L’Unione europea non ha uniformato anche le denominazioni dei vini in Dop e Igp?

“No, è stato creato a Bruxelles un unico registro delle Dop e Igp, che comprende anche il vino, in maniera tale che le preesistenti denominazioni del vino siano così potute entrare nel registro unico”.

Qual è l’obiettivo del Registro unico?

“Creare un sistema alternativo al trade-mark, mettendo in luce l’importanza delle denominazioni, che non sono solo europee, perché abbiamo ad esempio un Café de Colombia Igp, ma abbiamo denominazioni anche per la Napa Valley californiana o la Hunter Valley australiana. Si tratta di un modello vincente per esportare, anche con Paesi che non hanno una legislazione come quella dell’Unione europea sui prodotti tipici”.

A quanto ammonta la contraffazione nei vini e come ci si difende?

“La portata è sempre difficile da valutare, perché parliamo di tentativi di frode del consumatore e viceversa di attività che di fatto non sono nocive per la salute. Per intenderci: il wine kit non uccide nessuno, ma mi lascia molto perplesso. Viceversa, affermare che si può produrre un Chianti o un Amarone al di fuori della propria area geografica calpesta il concetto di denominazione. Dov’è il territorio? Ma stimare dei valori complessivi non è affatto semplice, anche perché alle frodi si aggiunge l’Italian sounding, estremamente complesso come fenomeno di concorrenza e di danno. I consorzi del vino sono in trincea e sono anche molto ben attrezzati”.

Qual è il suo obiettivo come presidente di FederDoc?

“In questi ultimi due anni siamo stati impegnati a evitare che il mondo di internet potesse diventare un altro campo di inganno o comunque di poca chiarezza verso il consumatore. C’era molto spazio per essere preoccupati, invece abbiamo ottenuto risultati significativi, raggiungendo un accordo per evitare la liberalizzazione dei suffissi .wine e .vin e siglando un’intesa con eBay e Alibaba, grazie al ministro Martina, nella lotta alla contraffazione”.

C’è aperto il negoziato di libero scambio con gli Usa. Cosa dice?

“Sul Ttip sono un po’ meno ottimista. Ogni tanto noi europei dovremmo ricordarci che la prammatica nelle cultura commerciale degli americani potrebbe essere più forte dei nostri desiderata. Ma la battaglia per tutelare le denominazioni va combattuta”.

Come vede il futuro delle denominazioni?

“Sempre più roseo, interessante. Nel senso che la denominazione ha il grande valore di essere un mix di qualità organolettica, ma anche di biodiversità, di cultura. Tutti gli argomenti che sono sul tavolo di Expo sono riassunti nel concetto di denominazione. E credo che in questo senso le denominazioni possano essere dei grandi modelli di sviluppo anche nei paesi che non conoscono la denominazione, come quelli anglosassoni”.

Matteo Bernardelli