1861 – 1930

Quando nel 1861 l’Italia divenne un’unica nazione, le regolamentazioni relative al mondo del vino non erano certo altrettanto uniformi.
Da regni e granducati a un’unica nazione: possiamo quindi dire che al tempo dell’unità d’Italia il vino diventa “vino italiano”, ma manca ancora il concetto di legame con la singola regione e in particolare con il territorio d’origine.
Si è dovuto attendere fino ai primi anni sessanta per vedere finalmente riconosciuti il ruolo, l’importanza e l’immagine dei prodotti legati al territorio e alle caratteristiche peculiari che tale legame consente.
Ripercorrendo la storia dei Vini a Denominazione d’Origine italiani possiamo vedere come i governi che si avvicendarono nella neonata Italia (già a partire dal 1885) si preoccuparono esclusivamente delle problematiche legate alla garanzia della genuinità del vino, tralasciando però provvedimenti e soluzioni volti a tutelare la qualità e l’origine di queste produzioni.

1930 – 1963

Un primo segno di cambiamento avviene nel 1930, quando viene emanato un provvedimento che detta le prime indicazioni per la tutela delle produzioni Vitivinicole Italiane.
Il Ministero dell’Agricoltura ebbe l’incarico di riconoscere e delimitare le zone di produzione di questi vini. Fu introdotta anche una prima classificazione qualitativa di questi prodotti definendo tre importanti livelli per i vini cosiddetti “Tipici”:
– Vini speciali;
– Vini superiori;
– Vini Fini.

Tuttavia, si tratta ancora di indicazioni piuttosto sommarie che non ebbero particolari risvolti sul settore.

1963 – 1992

Un cambiamento radicale avviene nel 1963, con l’emanazione del D.P.r n. 930 sulla tutela delle Denominazioni di Origine dei Vini.
Si tratta infatti del primo provvedimento nazionale a disciplina delle produzioni vitivinicole di qualità, che stabilisce il concetto attuale di Denominazione di Origine, codificandone il significato e rafforzando il concetto di legame con il territorio.
Questa legge definisce regole ben precise per quanto riguarda la produzione e la commercializzazione dei vini come il disciplinare di produzione, specifico per ogni denominazione, l’istituzione di appositi albi per la registrazione delle superfici produttive e il sistema della denuncia dei quantitativi di uva prodotta da destinare alla produzione di una determinata denominazione.

La Legge stabilisce inoltre un nuovo sistema di classificazione dei vini:
– Vino a Denominazione di Origine semplice;
– Vino a Denominazione di Origine Controllata;
– Vino a Denominazione di Origine Controllata e garantita.

Grazie a questa legge nel 1966 compaiono le prime D.O.C. (Denominazioni di Origine Controllata).
La prima fu la Vernaccia di san gimignano, seguita da altre denominazione tra cui anche il Brunello di Montalcino, che nel 1980 otterrà il riconoscimento come prima D.O.C.g. L’emanazione di questo provvedimento, che per oltre trent’anni ha rappresentato un caposaldo della vitivinicoltura italiana, contribuì notevolmente alla crescita delle nostre produzioni sia da un punto di vista qualitativo che quantitativo.
Nei primi anni ’90 il settore vitivinicolo avvertì l’esigenza di un ammodernamento della normativa che doveva far fronte sia alla notevole crescita delle stesse Denominazioni di Origine, che alle nuove esigenze del mercato.

1992 – 2009

Nel 1992 nasce quindi la Legge n. 164, che pur mantenendo alcune impostazioni della precedente n. 930, introduce importanti novità nel settore.
Se da una parte è stato giustamente mantenuto l’indirizzo generale, basato sul rapporto vino-territorio, dall’altra è stato ritenuto opportuno inserire alcune innovazioni, tra cui:
– Attività di valorizzazione delle denominazioni;
– L’introduzione delle I.g.T. (Indicazioni geografiche Tipiche);
– La scelta vendemmiale, che consente la possibilità di utilizzare la produzione di uno
stesso vigneto per più Denominazioni d’Origine;
– Il riconoscimento delle sottozone, ossia aree più ristrette all’interno di Denominazione di Origine;
– l’Introduzione obbligatoria delle analisi chimico-fisiche prima della commercializzazione.

Ma la vera novità introdotta da questa legge è insita nel suo impianto portante, volto alla qualità totale intesa come origine, che si è tradotta nel meccanismo della classificazione piramidale dei vini.
Gli scenari nazionali, o per meglio dire comunitari, hanno subito notevoli variazioni dovuti sia alle nuove esigenze del mercato, sia all’avvento di nuovi paesi produttori che, anno dopo anno, sono divenuti sempre di più competitivi.

1° Agosto 2009

Sulla base di queste premesse la Comunità Europea nel 2008 decide di attuare un processo di riforma dell’intero comparto vitivinicolo.
La riforma vede luce con il reg. n. 479 del 2008 e introduce alcune novità per quanto riguarda le norme di produzione e commercializzazione, l’etichettatura, la difesa e promozione delle denominazioni in ambito internazionale e l’introduzione di un sistema di controllo e tracciabilità che ogni stato membro può applicare in maniera autonoma sulle proprie denominazioni a ulteriore garanzia per il consumatore finale.
Il progetto di riforma ha mirato anche a una semplificazione dell’assetto normativo, adottando norme più chiare e trasparenti ed equiparando la normativa vitivinicola a quella già esistente per gli altri prodotti agroalimentari di qualità D.O.P. e I.G.P.
Vengono previste quindi solamente 2 categorie di vini:

– Vini con indicazione geografica (D.O.P. e I.g.P.)
– Vini senza Indicazione geografica (Vini generici o con indicazione del solo vitigno)

Lo stato italiano ha comunque consentito l’utilizzo delle precedenti sigle che caratterizzavano i vini di qualità italiani (D.O.C.g., D.O.C. e I.g.T.) che possono essere inserite sia congiuntamente alle nuove che da sole.